Come sottolineato più volte negli articoli dedicati al mondo della birra artigianale, l’interesse per questo settore non accenna a diminuire.
Anzi, quasi un anno fa, il 6 luglio 2016 è stata approvata una legge nazionale che fa chiarezza nel settore e definisce con precisione quali requisiti deve avere una birra per essere considerata artigianale. Ne abbiamo parlato in questo articolo
Pochi mesi dopo, a novembre 2016 è arrivata una notizia meno buona per il mondo dei microbirrifici che speravano in una considerevole riduzione dell’accisa sulla birra che invece si è concretizzata in soli 2 centesimi di risparmio, qui l’articolo a riguardo.
Vediamo ora cosa accade nelle singole regioni e come queste stanno intervenendo per promuovere la birra artigianale locale.
Come viene gestita la legislazione a livello regionale? Analizziamo il caso del Veneto e del Friuli Venezia Giulia
Il caso del Veneto
Nell’estate 2016, alcuni consiglieri regionali del Veneto, hanno presentato una proposta di legge avente come obbiettivo la tutela e la promozione della birra artigianale regionale.
In breve, la proposta prevedeva l’istituzione di un albo regionale dei microbirrifici; contributi dedicati al settore e divisi tra attività di formazione e promozione; istituzione di un disciplinare di produzione che permetta la registrazione del “marchio Birra Artigianale”.
Curiosamente, la proposta di legge prevede che il limite di produzione sia fissato a 10.000 hl/anno contro i 200.000 previsti dalla legge nazionale.
La motivazione potrebbe stare nel fatto che la quasi totalità dei microbirrifici italiani registra una produzione ben al di sotto del limite fissato dalla legge nazionale.
Ad oggi però, la proposta di legge è rimasta tale. Non si è ancora raggiunto il traguardo di una legge regionale dedicata alla birra artigianale veneta.
Il caso del Friuli Venezia Giulia
Notizia più recente è che in Friuli Venezia Giulia, i consiglieri Edera, Gerolin e Marsilio hanno presentato una proposta di legge finalizzata alla creazione di un marchio regionale.
Gli obiettivi e le finalità sono molto simili a ciò che ci si è riproposti di fare in Veneto.
Oltre alla creazione di un marchio regionale, la pdl prevedeva anche la creazione di un registro per raccogliere i produttori della regione che potranno usufruire della promozione da parte dell’ ERSA, già impegnata nella promozione del settore vitivinicolo.
Anche qui non mancano finanziamenti dedicati a facilitare la nascita di nuovi stabilimenti e la formazione da parte degli addetti al settore.
Notizia del 30 maggio scorso è che la pdl è diventata legge con la quasi totalità dei voti favorevoli da parte del Consiglio regionale.
Vediamo quali sono i punti fondamentali della legge, che andrà a regime entro 180 giorni dall’approvazione:
- promozione delle produzioni di qualità attraverso incentivi mirati
- un registro dei microbirrifici regionali
- promozione di corsi di formazione e aggiornamento
- utilizzo del marchio di certificazione di qualità Agricoltura Qualità Ambiente (AQUA)
- stanziamento di 135mila euro per il triennio 2017-2019
In questo caso, a differenza della pdl veneta, non si fa riferimento ai quantitativi di birra da produrre, rimane quindi valido il limite fissato a livello nazionale.
Per quanto riguarda la definizione di birra artigianale regionale, tale dicitura potrà essere utilizzata solo se il ciclo produttivo è svolto interamente nella regione, fatta eccezione per la produzione del luppolo e della maltazione, processi che rimangono comunque interesse di studio e ricerca.
Come è stata accolta la notizia?
La reazione da parte dei diretti interessati, a detta dei promotori della legge, sembra entusiasta.
L’unica perplessità nasce da una riflessione sull’utilità di questi interventi.
E’ già presente una legge nazionale che disciplina i birrifici artigianali, le associzioni di settore sono molto attive nel confronto con le istituzioni e sono già presenti a livello regionale diverse proposte per finanziare l’imprenditoria giovanile e femminile.
Non è ben chiaro quindi da dove nasca la necessità di creare ulteriori norme regionali finalizzate alla promozione del prodotto locale. Ulteriori frazionamenti su un settore che al contrario avrebbe bisogno di importanti leggi nazionali che favoriscano lo sviluppo di realtà esistenti ed il supporto a nuovi progetti dal carattere innovativo.
A livello regionale, forse sarebbe il caso di concentrarsi sul promuovere le specificità del territorio – su cui giustamente devono intervenire le singole regioni – senza dimenticare che il punto di forza del nostro Paese, rimane sempre il marchio made in Italy.